Rami, foglie, radici
a cura di Giuseppe Pavone e Vincenzo Velati
Buone notizie [1]
Rivedendo, a lavoro compiuto, le immagini di paesaggio prodotte dai giovani autori che hanno partecipato al laboratorio fotografico, mi ritorna alla mente quanto scritto da un grande autore americano: Robert Adams.
Il libro è “La bellezza in fotografia”, denso di sospensioni, meditazioni e interrogazioni.
In questo catalogo riporto una breve sintesi tratta dal capitolo “Verità e Paesaggio”.
….Le immagini di paesaggio, dice Robert Adams nel libro “La bellezza in fotografia”, possono presentarci tre verità: la verità geografica, quella autobiografica e quella metaforica. La geografia di per se stessa è a volte noiosa, l’autobiografia spesso banale, e la metafora può essere equivoca. Ma presi insieme, come nelle opere migliori di artisti quali Alfred Stieglitz e Edward Weston, questi tre tipi di informazione si rafforzano a vicenda e alimentano ciò che tutti cerchiamo di mantenere intatto: l’attaccamento alla vita.
Dall’arte del paesaggio ci aspettiamo, prima di tutto una registrazione dei luoghi. Con l’aiuto della macchina fotografica possiamo riconoscere e ammirare una mesa senza nome del New Messico. Anche se non siamo più così ingenui come una volta riguardo all’oggettività delle immagini, possiamo continuare ad apprezzarle anzitutto come memoria di quel che è esterno a noi, di ciò che è distinto da noi…….
Nell’arte del paesaggio è sempre presente un aspetto soggettivo, qualcosa nell’immagine che ci parla tanto di colui che è dietro l’apparecchio quanto di ciò che gli sta davanti…….. La ragione per cui una fotografia non può essere considerata un prodotto di laboratorio è evidente se si pensa al procedimento seguito per realizzarla. I fotografi sono in genere persone di grande entusiasmo il cui lavoro comporta diverse scelte: fermare l’automobile, afferrare il filtro giallo piuttosto che quello verde, aspettare che passi una nuvola e, nel momento in cui tutto appare inspiegabilmente al suo posto, premere l’otturatore. Dietro queste decisioni c’è il bagaglio personale di ricordi e di riflessioni del fotografo, la sua percezione del luogo o di luoghi simili incontrati in precedenza. Se si prescinde da ciò, non si saprà mai se la scena apparsa sul vetro smerigliato abbia le caratteristiche dell’autenticità, se rispecchia o meno cioè una data realtà ambientale e insieme l’esperienza e l’intuizione che di essa ha avuto il fotografo. Fare fotografia, allora, è una questione personale; quando non lo è, i risultati non sono convincenti………….
In arte niente è banale, e una vera fotografia di paesaggio è una metafora. Se una veduta è nulla più della raffigurazione di un pezzo di territorio, l’immagine riuscirà a fermare la nostra attenzione solo per poco; preferiamo allora il luogo in sé, che possiamo percepire e odorare e ascoltare, oltre che vedere; eppure, allontanandoci dalla scena, speriamo spesso di poterla ritrovare da qualche parte nell’arte. Questo perché non è facile apprezzare la geografia in quanto tale, e speriamo di ricevere dall’artista qualche indicazione per capire il significato di un luogo. E’ in questo senso che per molti aspetti sceglieremmo di passare mezz’ora davanti al quadro di Edward Hopper intitolato “Domenica mattina” piuttosto che stare lo stesso tempo nella strada che ne è il soggetto: è attraverso lo sguardo di Hopper che vediamo di più. E proprio quello che ci aiuta a vedere va trattato con cautela……… Forse riponiamo fiducia nella fotografia di paesaggio proprio perché può renderci chiaro quello che già sappiamo. [2]
Giuseppe Pavone
Note:
[1] Buone notizie è il titolo di un capitolo del libro di Robert Adams “La bellezza in fotografia” – Saggi in difesa dei valori tradizionali. Edizione italiana a cura di Paolo Costantini. Traduzione di Paolo Costantini e Antonello Frongia. Bollati Boringhieri.
[2] Ho fatto proprio questo pezzo del capitolo “Verità e paesaggio” , perché ci sono concetti che ritengo indispensabili per chi fa fotografia di paesaggio.