Ci vediamo.....
i luoghi del tempo libero e di aggregazione sociale
a cura di Giuseppe Pavone e Vincenzo Velati
A- Insomma è il settimo anno che vi vedete per queste fotografie e ancora una volta fotografate Triggiano.
B- Io intanto non fotografo, scrivo.
A- Va bene, le foto le guardi, ma sempre Triggiano è. Mica si può ricavare sangue da una rapa.
B- Questo è un modo ingenuo di parlare, mi aspetto di più da te. L’obiettivo di questi fotografi non è documentare Triggiano; dopo sei anni di fotografie non c’è interesse per questo aspetto documentario. O forse se c’è è comunque residuale. In realtà il rapporto col territorio, è un problema. Mi fai ricordare di alcuni amici di Valenzano (paese che più che fotografi ha prodotto poeti e teatranti, attori e registi), che nei momenti di esaltazione, durante le prove di uno spettacolino nel circolo Arci, cantavano l’amore per il loro paese intonando “Valenzano, Valenzano, il futuro del genere umano”. E poi questi fotografi non sono tutti di Triggiano.
A- Me l’aspettavo. Lo sapevo: sei prevedibile, anche tu come Triggiano. Adesso mi stai dicendo che questi fotografi sono degli autori e che quindi per loro quel che importa sono le forme e la scrittura e che Triggiano è solo un pretesto.
B- Smettila… il problema non è celebrare il paese o una dimensione umana ancora amicale. Anche se qui ci sono tanti che amano la fotografia, l’arte contemporanea, e la letteratura, e non ti devo fare nomi.
A- Non ci avevo pensato, è vero, e ti sei dimenticato anche i collezionisti e le iniziative con gli artisti che qui riescono a radicarsi negli anni.
B- Adesso stiamo divagando. Il problema non è Triggiano in sé. Guarda le foto. Va bene che non sono stampe originali, ma dovresti saperli riconoscere anche tu nel power point.
A- Lo faccio, ma mi chiedi forse troppo: stai facendo ricorso al concetto di stile. Quante volte mi hai detto che è un arnese ermeneutico troppo vecchio?
B- Lo stile è una altra cosa, non scomodiamo la storia dell’arte, parliamo di riconoscibilità e di scrittura come dicevi prima. Prova perlomeno a individuarli se non a riconoscerli.
A- Aspetta! Non mi hai ancora spiegato perché mi stai coinvolgendo in questo tuo lavoro. Ti senti solo ? O vuoi prenderti gioco di me e della mia ingenuità? Non dovevi scrivere un testo introduttivo e basta?
B- Ma no, sai che mi incuriosiscono i punti di vista laterali.
A- Io sono mediano e non laterale.
B- Va bene scusa, il problema è che ho nostalgia di quando discutevo con i ragazzi delle immagini. Erano situazioni ricche proprio per la diversità degli approcci. E discutendo le idee si incatenano e ne nascono altre.
A- Hai ragione anch’io penso a certe discussioni bellissime. Ma tu con questa ammissione mi confermi che il lutto dell’insegnamento non lo hai ancora elaborato.
B- Non infierire e dimmi che ne pensi di queste foto. Ma non dire “sono belle” o simili apprezzamenti che in questo contesto non possiamo utilizzare. Gli “I like” lasciamoli là dove si possono contare.
A- Beh, l’inizio è raffinato, è curiosa questa strisciata. Sembra una cancellata continua o ripresa in continuità. Immagino che alla fine questi accenni all’insegna del Bowling vogliano richiamare il tema dell’iniziativa.
B- Altobelli è anche un grafico e uno scenografo. Credo che abbia voluto elaborare in sequenza stretta le foto, come in un fregio decorativo, richiamando il titolo doppio e ambiguo di questa iniziativa. Il “Ci vediamo” è saluto e indicazione di luogo ma anche invito alla riflessione su quel che guardiamo. Come vedi, appunto, non c’è documentarietà locale.
A- Anche queste ombre sono curiose, come dire…, fanno da scheletro alle foto e poi c’è un po’ di ironia nel cielo di plastica che copre la madonnina. Questi elementi sembrano quasi echeggiare le pale d’altare delle madonne del primo Rinascimento, messe in trono su uno sfondo architettonico a cassettoni.
B- Del Rinascimento non so, mi sembra un riferimento formale non voluto; alla fine questo cielo con i paralleli e i meridiani di metallo è un graffio ironico. Sono le foto di Celati. Berardo spesso usa degli elementi conduttori nelle sue opere. Qui le ombre unite ai cerchi e i mezzi cerchi, ci guidano come in un racconto e ci fanno passare da una immagine all’altra.
A- Queste foto sovraesposte, che sembrano in bianco e nero di chi sono?
B- Di Cosmo Laera
A- Mi Sembra che abbia voluto trattare Triggiano come una città alienata dalle auto e dal traffico, sottolineando una dimensione di solitudine esistenziale. C’è un richiamo alla dimensione di flusso, quasi da “non luogo” e forse un rimpianto per spazi urbani dall’atmosfera raccolta.
B- Pare anche me che ci sia un approccio quasi di studio sociale che coglie aspetti comuni nelle grandi città che non ci si aspetta in un paese più piccolo.
A- E questo che fotografa i flipper e i biliardini chi è ? Lui più che agli uomini sembra interessato agli spazi e agli oggetti.
B- Se guardi bene ti accorgi che gli interessano molto le immagini pop dei flipper, delle play station, delle corsie del bowling all’interno di spazi prospettici enfatizzati, costruiti sui piani di gioco allineati. Il punctum dell’immagine è in fondo agli ambienti, nei monitor e negli schermi video.
A- Ho capito è un invito ad entrare in profondità e a ragionare sugli spazi e sulle fantasmatiche presenze umane.
B- Condivido, gli uomini in quelle immagini sono presenze occasionali.
A- Invece Leone sceglie la biblioteca.
B- Se noti è una progressione dagli spazi agli uomini. La scelta è di narrare in profondità un luogo particolare da percorrere passo per passo, nei riflessi e negli arredi, fino ad una presenza introduttiva, confusa nell’ambiente per poi cogliere una protagonista assoluta fotografata di spalle. E’ una narrazione suggerita che invita lo spettatore a costruire un luogo e un racconto solo per allusioni.
A- Invece Michele Roberto non si sofferma sugli spazi ma è preso dai cartelloni e dalle immagini pubblicitarie.
B- Sì, lo attrae molto il dialogo tra la realtà e le immagini delle narrazioni pubblicitarie. Il risultato è intrigante.
A- Mi ricorda alcune immagini del surrealismo. La realtà e il suo sogno si mescolano curiosamente, ma senza moralismo, o torbidezze inconsce, anzi con risultati gioiosamente pop, vitalistici e sensuali.
B- E’ la dimensione immaginaria e onirica del grande centro commerciale che Michele vuole cogliere, ma con qualche componente affettiva.
A- Sono curiose anche queste foto con le scritte. Le parole stridono con le immagini. Perché questa scelta?
B- Credo che Gianni voglia mettere al centro della sua ricerca, in questo periodo, la riflessione sulle diversità del linguaggio: quello concreto delle immagini e quello astratto e generalizzante delle parole. I concetti delle immagini collidono con le frasi e questo produce un’attenzione per quello che si vede che altrimenti sarebbe percepito in misura meno pregnante.
A- Anche nelle foto di Pavone c’è una ricerca sulle immagini, gli spazi, ma c’è anche come un’eco di un altro creatore di immagini.
B- Si potrebbe fare il nome di Hopper e dei suoi bar nella notte. Ma aldilà delle sue foto personali, sempre curatissime, quel che dà senso al tutto è la cura di Pino nel sollecitare gli autori e nel comporre l’intera mostra.
A- Si coglie come un’aria di famiglia. Come se ci fossero dei discorsi sottintesi, sui quali tutti convengono.
B- Certo, e in tutti questi autori c’è anche, sempre, un riferimento ai maestri e alle loro immagini. E’ una riflessione permanente, che dà profondità. E se noti anche nei giovanissimi c’è un rigore formale che mostra la bontà della scuola, per così dire.
A- In conclusione possiamo dire che Triggiano c’è, ma, come dicevano i pittori un tempo, è un “motivo”, non il centro di questa ricerca.
B- Sì, Triggiano anche questa volta c’entra, ma il campo semiotico è uno solo: è la fotografia.
Vincenzo Velati