Campagna e giardini
a cura di Giuseppe Pavone e Vincenzo Velati
“Campagna e Giardini” è la terza edizione della iniziativa del Centro ricerche per la fotografia contemporanea dedicata al territorio di Triggiano. Una scelta che fino dal primo momento è apparsa felice non tanto per le intrinseche qualità paesaggistiche del luogo, quanto per la possibilità di utilizzare il radicamento esistenziale degli autori in un tentativo di profondità analitica del linguaggio fotografico, di formazione di giovani leve di fotografi, di diffusione di una pratica fotografica conoscitiva, civilmente attiva. In questa edizione è stato scelto un tema stringente, tale da permettere un confronto ancora più vincolante con la realtà del territorio ed impegnare i fotografi in un’operazione più meditata sul versante autorale.
Lo sfondo è quello della campagna in parte lontana dal paese, una realtà principalmente produttiva nella quale il suolo è prezioso e l’insediamento di servizio è limitato a pochi metri quadri - lo stretto indispensabile - coperti da fabbricati funzionali, buoni per il ricovero di pochi attrezzi che non conveniva portare con sé, nel quotidiano percorso dalla casa ai campi da coltivare. Si documenta quindi una tipologia edilizia essenziale e parsimoniosa, che poco concede alla contemplazione.
Eppure come in paese i tralci contorti del pergolato allietano la calura estiva così in campagna l’arbusto rampicante o l’alberello isolato spandono i colori caldi di fiori e frutti eccentrici al destino produttivo dell’appezzamento.
Emozionano invece i giardini in paese: non sono certo i luoghi dei sogni e del piacere estetico (i vagheggiati paradisi delle seconde case, ripieni di piante esotiche e conifere decorative) ma solo fazzoletti di terra, anche qui dimensionati con parca sobrietà, chiusi da alti muri a contrastare i venti che rischierebbero di gelare i delicati agrumi, veri protagonisti, con il nespolo e la vite, di questi spazi domestici sub divo.
Se gli spunti dati agli autori sono questi, ad un livello più alto la vera indagine è la relazione tra uomo e natura, lo studio della forma spaziale e organizzativa di questa relazione. Su questo tutti gli autori si misurano apertamente e mostrano una maturità compositiva evidente.
Pino Pavone guida il gruppo con la professionalità del leader, conosce il territorio e dà il tono rigoroso e completo della ricerca ben stretta al motivo figurativo; ha ben lucido il disegno complessivo del mosaico che sta realizzando, anno per anno, e distingue con nettezza quel che c’è da fare quest’anno e quello che invece che nelle precedenti edizioni è stato già compiuto; nelle sue foto è sempre risolta coerentemente la ricerca sugli spazi intermedi tra esterno ed interno, tra quotidianità rilassata e ambiente di lavoro.
Franco Altobelli usa un campo medio, è incuriosito dal dialogo tra il dettaglio campestre e il carattere urbano dello sfondo, le geometrie ora ortogonali ed ora sinuose delle divisione dei campi, dei muri a secco; ama la sintesi cromatica dei prati o dei muri ingrigiti, coglie di questo territorio la continuità ancora vitale tra campi e case.
Mario Palmisano guarda alla campagna come cornice e limite del costruito: è attratto dallo stacco netto dei palazzi dai campi dal bianco che definisce spazi e limiti verticali.
Antonella Costanza usa un punto di vista basso, al livello del suolo, e gioca con la profondità di campo per esaltare i primissimi piani di cespugli e piante. Compie una scelta formale: le case, sature di colori artificiosi, vengono allontanate dalla sfocatura, sono distanti, si specchiano nelle pozzanghere, per arrivare ad esse bisogna traversare campiture di asfalto interpretate come stagni con barriere di verde.
Ninni Castrovilli si incanta nello splendore dell’agrumeto, apprezza il peso cromatico e organico dei frutti che gravano nelle reti tese a salvarli, analizza l’ingenua geometria dell’aiuola di mattonelle smaltate, esalta e sottolinea gli alberi a misura d’uomo, l’interno urbano che apre uno spazio ombroso e oscuro tra gli alti palazzi incombenti.
Teresa Guido approfitta di una stagione piovosa per dare forza ad un talento figurativo personale che dà il meglio nelle foto di piante e vegetazione viste in primissimo piano, in dettaglio. La specificità del luogo quasi scompare in immagini autonome, naturalistiche e non topografiche, emozionate, che vivono poeticamente tra acqua e cielo.
Gianvito Zito sceglie il bianco e nero, forse con una nostalgia verista che si esprime anche nella voglia di qualificare un cielo nuvoloso; le sue foto hanno spesso un primo piano protagonistico per forme estrose, contorte che combattono con lo sfondo geometrico e piano, e producono un sentimento di vitalismo sofferto ed espressivo.
Il video di Nicola De Napoli completa l’indagine su questa realtà con dense interviste a chi resiste ancora lavorando in campagna: le immagini e le parole ci permettono di capire particolari di oggetti e forme che sarebbero altrimenti morti per sempre.
Nell’insieme il lavoro è denso e profondo con immagini non solo belle ma anche pensate. Guardando il menabò di questo catalogo apprezzo la scelta di selezionare gli autori: è la maniera per far crescere la consapevolezza culturale e linguistica per produrre immagini che servono e che restano.
Vincenzo Velati